Senza più clienti ha inventato la cosmetica igienizzante
di Carlo Valentini
SCARICA IL PDF
Danilo Bonassoli
«Mi sono trovato di fronte all’alternativa se chiudere o cercare di salvare l’azienda lavorando di fantasia, lanciando nuovi prodotti per altri segmenti di mercato, scommettendo sull’innovazione. Ho scelto la seconda strada e sono riuscito a superare questa crisi disastrosa. Producevo beni (saponi e prodotti cosmetici) per l’industria alberghiera, colpita in pieno dalla pandemia, molti hotel sono stati costretti a chiudere, altri registrano una riduzione della clientela del 90%. Ovvio che mi sia trovato steso. Che fare? Ho pensato a cosa gradisse la gente costretta a rimanere a casa e riconvertito i prodotti, investendo in nuovi macchinari e nel completo riposizionamento del catalogo. Se avessi aspettato l’uscita dalla crisi del settore alberghiero, l’azienda sarebbe morta. Invece con questa nuova linea è rimasta a galla».
Danilo Bonassoli, 65 anni, è tra coloro che, a un passo dal burrone, è riuscito a sconfiggere la crisi ed è pronto a cogliere la ripresa.
È l’emblema di quei piccoli imprenditori su cui il nostro Paese dovrà contare per recuperare il terreno perduto. Fondò nel 1977, Cosmhotel, sede a Villa d’Almè (Bergamo), per produrre ciò che gli alberghi offrono ai clienti nei bagni delle loro camere. Fu un successo, anche grazie all’export, dall’Europa agli Stati Uniti, perfino in Cina. Il segreto, secondo lui, è stata la personalizzazione delle confezioni (mentre prima gli hotel proponevano prodotti anonimi per lo più prodotti da Palmolive, uguali per tutti) oltre alla qualità delle materie prime utilizzate e al gusto italiano del design. «La globalizzazione- dice- ha un vantaggio nel mondo dell’hotellerie. Una volta che diventi fornitore di una catena alberghiera, lo sei per tutti gli hotel che ha nel mondo».
Oggi l’azienda si chiama Albogroup, prima della crisi, nel 2019, aveva prodotto 150 milioni di saponette. Fattura 7 milioni di euro. Dice: «Ai nostri dipendenti abbiamo detto di restare al sicuro a casa per qualche tempo, abbiamo anticipato la cassa e garantito che sarebbero tornati tutti al lavoro, perché sono la nostra risorsa più preziosa. Adesso stiamo pensando di assumere. Non è questione di soldi, ma di vincere la sfida».
Contattaci
per avere maggiori informazioni
Domanda. In che modo ha diversificato?
Risposta. Anziché piangermi addosso ho investito un milione in nuove macchine e ho messo sul mercato prodotti che profumassero il bucato, fragranze per l’ambiente e i cosmetici solidi tutti naturali ritenendo che la gente in casa ricercasse gratificazioni e volesse consumare green ma anche attraverso le fragranze risvegliare ricordi ed emozioni. Un piccolo aiuto a sopportare il lockdown. Poi ho puntato sull’on line in modo da fare arrivare i prodotti a domicilio. In pratica ho creato una nuova divisione dell’azienda, mentre l’altra era ferma. Questa linea di prodotti, rivolta a un target di mercato per me inedito, è interamente green, senza plastica e con un uso minimo di acqua, infatti proponiamo prodotti solidi, anche lo shampoo, i decoloranti, i balsami, il docciaschiuma. Il consumatore li usa mettendoli a contatto con poche gocce d’acqua. Sono solidi come un sapone, in questo modo si evitano sprechi e si difende il pianeta (non c’è trasporto d’acqua). Ho sviluppato un procedimento che toglie l’acqua e dà la pura essenza in versione tridimensionale. Neppure una goccia viene così sprecata, nessuna plastica è messa in circolo, nessun peso inutile viene trasportato, riducendo drasticamente le emissioni. Inoltre in molti casi sono anche igienizzanti».
- Come il governo dovrebbe aiutare le imprese a uscire dall’emergenza?
- Prioritario sarebbe incentivare le aziende a investire nella formazione delle persone. Per competere sul mercato, in tutti i settori, occorre una forte spinta all’innovazione e quindi è necessario che vi siano le competenze in grado di sostenere queste trasformazioni. Vanno bene la tecnologia e i robot, ma senza la professionalità in grado di promuovere il cambiamento si farà poca strada.
- Cosa significa per lei innovare?
- Non rimanere fermo in attesa degli eventi ma intercettare desideri e bisogni. Poco prima della crisi avevo investito 5 milioni di euro in una nuova sede perché il gruppo cresceva a due cifre. Poi è arrivato il terremoto. Come molti altri mi sono messo a produrre gel igienizzante per le mani ma con quello non sopravvivevo. Ho fatto una ricerca che capire i bisogni della gente chiusa in casa e puntato sui prodotti che le ho detto, per lo più solidi, che sono per metà cosmetici e per metà igienizzanti.
Adesso mi attendo per il 2022 il raddoppio del fatturato, rafforzando il catalogo per i consumatori (sto studiando creme-trucco per signore in formato solido) e riavviando l’hotellerie perché gli alberghi incominceranno a riaprire e lo faranno rispettosi dell’ambiente poichè, come ha sottolineato Mario Draghi, sta a tutti fare ripartire il turismo in Italia col piede giusto. Inoltre noi servivamo anche le navi da crociera, anch’esse stanno riprendendo a navigare. In fondo l’esperienza Covid ci è servita da lezione e ci ha insegnato a diversificare.
- La transizione ecologica è quindi fondamentale.
- L’azienda si trova in un’area simbolo della battaglia al Covid. È quasi naturale che vogliamo rialzarci in modo diverso da prima, con una mentalità che guarda all’ambiente e alla salute. Il Recovery Plan sarà efficace se servirà a concretizzare questo cambio di mentalità che deve incominciare proprio dagli imprenditori, non solo quelli legati al turismo. Tutto il mondo si avvia a pretendere certificazioni ambientali per ogni processo produttivo. Chi rimane indietro non riuscirà più a recuperare. Noi imprenditori dobbiamo ritrovare lo spirito d’un tempo e sfidare il nuovo che avanza, aspettare gli aiuti dallo Stato non è cosa da bergamaschi: bisogna darsi da fare, cercare nuove vie, tenere duro in tutti i campi. Ho amici ristoratori che si piangono addosso, mentre altri si ingegnano. È questo che fa la differenza.
- La sua azienda fa parte di quel sistema di piccole e medie imprese che è l’ossatura della nostra economia. Quali sono i rischi per le piccole e medie imprese?
- Un freno deriva dall’asfissiante burocrazia e dai tanti lacci e lacciuoli che si incontrano nell’attività quotidiana. Però vedo anche un po’ troppo brontolio. Nei tre mesi di chiusura dell’azienda io ho riorganizzato e poi ho investito tutta la liquidità, senza chiedere nulla a nessuno. C’è chi sta invece sotto l’albero ad aspettare che la pera cada e se non cade se la prende con questo e quello. Spero che il nostro Paese riesca a fare un salto di qualità anche rispetto al ruolo degli imprenditori e al loro porsi nei confronti della società.
© Riproduzione riservata